10/02/11

Transmoderno:yOu'Re WELcome






“Tutto ciò che aveva carattere stabile […] si svapora”
(K. Marx – F. Engels, Manifesto del partito comunista, 1848)

La dittatura del presente ci situa all’incrocio di prognosi che hanno il sapore di profezie disattese. La genealogia di potenze ricacciate nell’oblio dell’eterno ripetersi dell’atto sempre uguale, riapre le porte alle forze vive della creazione e della trasformazione. Riscoprirsi eterogenerati per surfare sull’onda di nuove generazioni autonome. Il parto di una nuova società di cui è gravida la marcescente società capitalistica è uno sforzo pro-concezionale che spetta al seme del conflitto e all’ovulo dell’alternativa: possibilità ovvero potenza di contropotere!

La liquefazione del complesso dei rapporti sociali moderni è questione non più relegabile al mero dibattito teorico. La riflessione avviata da Bauman sulla cd. “modernità liquida” è un parziale ma necessario punto di partenza. Generata e generante, spetta alla creatività del lavoro vivo liquidare una volta per tutte la presente condizione miserabile dominata dal capitale.
Con l’imminente celebrazione delle nozze d’oro della società moderna e dello spettacolo la rappresentazione, dopo aver rimpiazzato la realtà, cede il proprio corredo nuziale ad alcune sue figlie spurie: l’atrofizzazione cerebrale e la coazione ad emulare. In questo quadretto familiare, il merito non può che essere il salario per la propria ipofrenia individualistica. È il riflesso dell’ortopedia sociale dei corpi divenuta ortofrenia sociale delle menti È il trionfo della nuova sindone spettacolare –questo Verbo impresso nei prodotti- al cui cospetto si vota l’improvvido desiderio mercificato nel nome di una competitività per società sempre più somiglianti a deserti sovraffollati.

“Apprendiamo che le imprese hanno un’anima ed è la più terrificante notizia del mondo.”
(G. Deleuze, Postscritto sulle società del controllo, 1990)

La dissoluzione dell’immaginario e del linguaggio del moderno, il vuoto intellettuale come prodotto massificato e l’analfabetismo nella sua riproducibilità tecno-mediatica altro non sono che l’esito del rovesciamento reazionario della potenza rivoluzionaria del desiderio. La forza di liberazione non ha trovato la sua compiutezza ed il mercato, la religione dell’individualismo competitivo, la paranoia della sicurezza proprietaria/identitaria costituiscono la nuova sintassi dell’ordine che domina attualmente.
I luoghi moderni dell’internamento e della reclusione –scuola, fabbrica, caserma, ospedale…- si sono liquefatti nei flussi modulari del controllo. Non è più necessario concentrare nei muri di un’istituzione -scuola, fabbrica, caserma…- un corpo-massa da sorvegliare (così come il corpo-massa difficilmente potrà più mobilitarsi come corpo-massa resistente).
La disciplina della fabbrica come luogo per la produzione di massa è stata soppiantata dal controllo della forma-impresa per la vendita dei prodotti. Il marketing stabilisce target di consumatori secondo standards individualizzanti.

-Di chi è questa motocicletta?
-È un Chopper
-E di chi è questo Chopper?
-È di Zed
-Chi è Zed?
-Zed è morto, piccola… Zed è morto
(Quentin Tarantino, Pulp fiction, 1994)

Ma per il postmoderno suona il rintocco funebre! La crisi –ma non la catastrofe, ahinoi…- dell’apparato di cattura dei linguaggi e dei desideri comuni rappresentatosi nel capitalismo finanziario, ha divelto le sbarre delle gabbie iperstrutturate delle società globali. Una nuova produzione di soggettività si presenta e si esprime con la propria potenza costituente. Riots, rivolte, delle trans-generazioni del no future attraversano le striature, tagliandole e incidendole, del potere capitalistico contemporaneo. Non più disposti alla soggezione, nuovi soggetti pretendono l’appropriazione dei propri tempi contro l’esproprio del capitale.
Un’inedita contro-accumulazione è in atto. È l’accumulazione di rivolte di soggetti plurimi, dagli operai agli studenti, dai migranti ai precari... Le sonorità potenti emanate con i tumulti di Roma, Londra, Parigi, Atene… durante i conflitti contro l’arroganza dei precari poteri costituiti negli ultimi mesi dello scorso anno, riecheggiano divenendo frastuono nelle rivoluzioni del mondo arabo, dalla Tunisia all’Egitto, e oltre. Una nuova geografia del conflitto costituente viene a disegnarsi. Ma non è solo la prossimità geografica quella che qualifica questa nuova potenza che si affaccia sul marcio mondo contemporaneo. È la rivincita della fisica dei desideri contro le metafisiche, siano quest’ultime declinabili come “democrazia e capitalismo” o come teologia islamista, tanto moderne quanto postmodernamente compatibilizzate. È la prossimità di una miserabile condizione imposta e vissuta in comune, di tempi plurimi e differenti che si compongono in macchina da guerra contro gli apparati di cattura. È il potere immanente di questo comune che produce una nuova soggettività che diviene e avanza costruendo il TRANSMODERNO.

dario emmer

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